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In Rai appalti milionari per i sordi. Ma i sottotitoli sono errati o assenti

Pubblicato in Rassegna Stampa Giovedì, 12 Marzo 2015 10:03

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IL TEMPO - C'è una comunità che non chiede compassione ma soltanto diritti come l’accessibilità ai programmi sulla televisione di Stato

Si accende il televisore. La Rai offre trasmissioni, cartoni animati e film. I conduttori parlano ma non è possibile sapere di cosa. I beniamini dei bambini ridono ma è impossibile capire le loro battute. I protagonisti dei film muovono le labbra ma non si riesce ad ascoltarli. Benvenuti nel mondo dei sordi. Una comunità che non chiede compassione ma soltanto diritti. Come ad esempio l’accessibilità ai programmi in onda sulla televisione di Stato.
La Rai infatti non garantirebbe un adeguato servizio di sottotitolazione rivolto al pubblico non udente. Per i sordi infatti i canali digitali (Rai4, Rai5, Raimovie e RaiPremium) sono inaccessibili. I bambini con un deficit uditivo, non hanno la possibilità di accedere ai cartoni animati in onda su Rai Yoyo e Rai Gulp. A differenza dei loro compagni di scuola non possono raccontarsi le avventure di Peppa Pig, a danno della loro socializzazione e integrazione. Nei canali storici invece, secondo le associazioni del settore, la tv di Stato non garantirebbe un soddisfacente servizio di sottotitolazione. Carenze qualitative causate da appalti al ribasso, anche se si tratta di milioni di euro, che si manifesterebbero in particolar modo nelle trasmissioni in diretta. In tv come sul sito web della Rai, in un paese dove il doppiaggio è utilizzato a discapito dei sottotitoli, anche per gli udenti gli stimoli linguistici sono carenti.
 
L’AZIONE COLLETTIVA «Eppure i cittadini sordi pagano regolarmente il canone», afferma Emanuela Astolfi, presidente dell’associazione «Avvocato del Cittadino» che, in questi mesi ha raccolto numerose denunce in vista di un ricorso civile messo in atto lanciando un’azione collettiva nazionale che mira a richiedere alla Rai il risarcimento dei danni patiti dai telespettatori sordi. «Chiederemo 2.000 euro per ogni abbonato», continua la donna spiegando che sul sito www.avvocatodelcittadino.com è stata pubblicata «l’iniziativa "Azione collettiva–sottotitoli Rai». Eppure l’Italia, con la legge 18/2009 ha ratificato la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità. E se non si vuole scomodare l’articolo 3 della Costituzione, ci si può rifare anche alla legge 67 del 2006, quella sulle discriminazioni tra disabili e normodotati. «Inoltre chiederemo il risarcimento del danno finora patito dai telespettatori per la violazione dell’articolo 13 del Contratto di servizio 2010-2012», conclude Emanuela Astolfi.
 
 
LA PETIZIONE Anche Gabriele Gianfreda, psicologo sordo, consulente e formatore presso l’Istituto Statale per Sordi di Roma, è intenzionato a dar battaglia. Nel 2013 ha promosso una petizione online che ha raccolto oltre 18 mila sottoscrizioni ottenendo audizioni in commissioni parlamentari e incontri tra le associazioni e il presidente Roberto Fico. Poi, il silenzio è ritornato. Dalle autorità competenti però non è mai arrivata alcuna risposta. «Quando ero piccolo – scrive invitando gli utenti a firmare - non ho potuto accedere ai sottotitoli per la maggior parte dei cartoni animati. Fatta eccezione per Tom&Jerry o Beep Beep & Willy Coyote, in cui veniva dato largo spazio all’azione e alle espressioni facciali, ho dovuto utilizzare una massiccia dose di inventiva per immaginare i dialoghi dei personaggi, che fenomenologicamente per me corrispondevano solo a un aprirsi e chiudersi delle loro bocche».
 
LINGUA DEI SEGNI I sottotitoli sono solo un esempio delle quotidiane difficoltà vissute da una comunità, quella sorda, che ad oggi in Italia non ha potuto neanche godere dell’approvazione della propria lingua naturale, la Lis, la Lingua dei Segni Italiana. Una situazione anomala se si pensa che in Bolivia, ad esempio, è stata approvata da tempo. Già nel 1988 si parlava in Europa del riconoscimento della Lis e di un progetto rivolto agli interpreti e alle figure professionali. Anche l’Onu si è espresso ma si tratta di risoluzioni non vincolanti. Il governo Prodi stava per approvarla. Poi è caduto. Anche la Regione Lazio stava facendo passi avanti attraverso una proposta sostenuta da Eugenio Patanè. «Disposizione per la promozione del riconoscimento della Lingua dei Segni Italiana e per la piena accessibilità delle persone sorde alla vita collettiva. Disciplina dello screening uditivo neonatale», recitava il testo. Poi è arrivata Mafia Capitale. Patanè è stato indagato e la proposta di legge si è arenata. Esistono una serie di leggi regionali ma riconoscere nazionalmente la Lingua dei Segni Italiana significherebbe rispettare i diritti civili, l’uguaglianza e la dignità delle persone sorde, come cittadini dello Stato italiano.
 
Andrea Ossino